In un momento di siccità e difficoltà di approvvigionamento le perdite idriche diventano il nemico da combattere. Fattori fisiologici, vetustà degli impianti, errori di misura del contatore, allacci abusivi, perdite occulte. Cause queste che in condizioni di gestione e manutenzione normali rappresenterebbero il 3% degli sprechi e che invece, in alcuni comuni del nostro Paese come ad esempio Siracusa, arrivano a superare il 67. Peggio ancora Belluno, Latina e Chieti. E questo significa che su 100 litri di acqua che entrano negli acquedotti solo 33, o anche meno, arrivano nei rubinetti delle famiglie. Situazione condivisa. Per un capoluogo su tre nel nostro Paese le perdite sono superiori al 45%. Per fortuna ci sono anche comuni dove le cose funzionano meglio, a Macerata come a Pavia o Pordenone ad esempio e in un comune su cinque le perdite sono inferiori al 15%. Vediamo i dati nel complesso. Le statistiche sull'acqua pubblicate dall'Istat e relativi al triennio 2019-2021 dimostrano che nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per chilometro di rete nei capoluoghi di provincia e nelle città metropolitane. Ovvero il 36,2% dell'acqua emessa in rete. In poche parole si perdono nei tubi degli acquedotti 36 litri di acqua ogni 100 immessi. L'acqua viene sprecata in maniera uguale in tutta la penisola? A guardare questa cartina proprio no. Soprattutto balza agli occhi il nord con un 26% quasi la metà rispetto al centro e al sud. E poi i nostri impianti sono datati. Il 60% della nostra rete idrica ha 30 anni di vita, il 25 è stata posata 50 anni fa. Una rete capillare che si sviluppa su oltre 57 mila km, 370 litri per abitante che non arrivano mai tutte a destinazione perché molti si perdono per strada. Estesa e anche complessa, se si pensa che il servizio di distribuzione dell'acqua potabile nei 109 comuni capoluogo di provincia o città metropolitane e in carico a 95 diversi gestori. Un'attività cosiddetta di distrettualizzazione minuziosa quanto complicata, a volte, da gestire.