Il rischio che migliaia di procedimenti penali in corso vadano in fumo per effetto della riforma Cartabia è concreto se entro i tempi previsti non arriveranno le querele. Intanto però accade che a Palermo i magistrati, per effetto della stessa legge, siano stati costretti a chiedere la scarcerazione di tre presunti boss accusati di lesioni aggravate dal metodo mafioso. Il perché sta tutto in una modifica introdotta dalla recente riforma e che prevede che, alcuni reati come quello di lesioni personali, ma anche di furto, appropriazione indebita, frodi fiscali, non siano più procedibili d'ufficio, vale a dire non appena arriva la notizia di reato, ma solo nel caso in cui la vittima presenti una querela formale. E visto che nel caso dei presunti boss di Palermo le vittime, pure interpellate dal giudice, si sono rifiutate di presentare una querela, ai magistrati non è rimasta altra strada che chiedere di revocare la misura cautelare. "Se il fatto è grave, se il fatto è commesso col metodo mafioso forse la persona offesa non è nelle condizioni per scegliere autonomamente, liberamente e autodeterminarsi senza alcun condizionamento. Allora lì lo Stato deve intervenire". Nel caso di Palermo gli indagati sono accusati del sequestro e pestaggio di due persone ritenute dalla cosca responsabili di una rapina non autorizzata da Cosa Nostra. I tre resteranno comunque in carcere perché destinatari di altre misure cautelari. Ma la questione allarma i magistrati perché il caso potrebbe riproporsi con altri esiti. "Bisogna ricalibrare queste scelte. Allora probabilmente ci si è dimenticati dell'aggravante del metodo mafioso, dell'agevolazione mafiosa, bisogna prevedere, con un correttivo, che i reati restano procedibili d'ufficio se viene in concreto contestata quel tipo di aggravante".