Se dovessi presentare Lucy Barton a qualcuno che non sa nulla di lei direi che è una donna che viene da un contesto estremamente povero, e non è solo una questione di condizione economica. È una famiglia strana la sua, una di quelle famiglie che c'è in ogni comunità. Famiglie emarginate per via della loro povertà e della loro diversità. Penso che questo sia l'aspetto più decisivo per Lucy Barton. Anche se Lucy riesce a trascendere tutto questo, le sue origini la definiranno per sempre. Ho scelto di ambientare il romanzo durante la pandemia perché quando è arrivato il Covid avevo appena finito di scrivere il libro "Oh William!" e ho realizzato che era successo qualcosa di storico, che meritava di essere registrato. Lo potevo raccontare con il punto di vista di Lucy visto che ero nella testa di Lucy in quel momento. Sentivo la necessità di farlo. Nel libro parlo molto del mio Paese, degli Stati Uniti d'America che sono attraversati da enormi cambiamenti e da distorsioni. Il movimento Black Lives Matter e l'insurrezione di Capitol Hill, che è stata di portata inimmaginabile. Ho ritenuto che questi fossero eventi degni di essere raccontati dal punto di vista di Lucy. Ho avuto bisogno di entrare nella sua testa e tirare fuori tutto quello che c'era dentro, per il mio libro. Io non sono Lucy. Abbiamo le stesse idee politiche? La risposta è sì. Ma non siamo la stessa persona. Lucy è molto preoccupata per la situazione nel Paese e lei e il suo amico Bob Burgess, nel nuovo libro che ho da poco finito, durante una passeggiata ragionano sullo stato di salute degli Stati Uniti. Temono che il Paese possa essere a un passo dalla guerra civile. Non hanno certezze.























