Prelevavano gasolio dalla raffineria di Zawiya, 40 chilometri da Tripoli, e lo trasportavano via mare in Sicilia per immetterlo illecitamente nel mercato italiano ed europeo. La Guardia di Finanza di Catania ha scoperto un vasto traffico di carburante tra la Libia e l’Italia, con il coinvolgimento di miliziani ed esponenti vicini alla mafia. Nell’inchiesta della Procura etnea sono indagate cinquanta persone, italiani, libici e maltesi. Tra loro, anche una decina di titolari di rifornimenti di carburante nella provincia di Catania. Tra le sei persone che sono state arrestate con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, anche l’amministratore delegato della MaxCom Bunker, S.p.A., che si occupa del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi. In manette anche il catanese Nicola Orazio Romeo, secondo alcuni pentiti vicino alla famiglia mafiosa degli Ercolano, e il libico Ben Khalifa. Secondo gli investigatori, Khalifa, capo di una milizia, avrebbe consentito alle navi-cisterna di rifornirsi del gasolio proveniente dalle raffinerie attraverso pescherecci e altre navi di piccole dimensioni che poi, una volta al largo di Malta, trasbordavano il carburante su altri natanti maltesi, che per conto della MaxCom Bunker, lo trasportavano nei porti italiani. La frode avrebbe provocato un mancato incasso di imposte per oltre 11 milioni di euro. L’inchiesta denominata “Dirty oil” era stata avviata un anno fa, dopo una denuncia dell’ENI, che aveva segnalato alcune anomalie negli impianti di distribuzione nel catanese. Sono almeno trenta i viaggi via mare documentati dai mezzi del Comando operativo aeronavale delle Fiamme gialle.