Canti, applausi e la parola Italia, ripetuta, intonata come le preghiere. La gioia esplode così sul ponte della Sea Eye, quando gli 800 salvati dal naufragio tra la Libia e la Sicilia, vedono finalmente terra. Come i migranti, anche l'equipaggio è allo stremo, dopo una settimana in mare, su una nave stracolma e decine di persone da curare. Uomini e ragazzini con evidenti segni di tortura, donne incinte o con gravi ustioni da carburante e tanti feriti. Ad accoglierli al porto di Trapani, i volontari di UNHCR, Caritas, OIM, Croce Rossa con un palloncino per i più piccoli e le ciabatte per gli adulti. I primi a scendere a terra sono i bambini, una ventina ha meno di 10 anni. Altri 150 sono ragazzini, molti sono soli. Vengono trasferiti nelle comunità per minori, dopo essere stati sottoposti a tampone, come gli adulti che però, osserveranno la quarantena nella nave-traghetto, ormeggiata vicino alla Sea Eye. "Save the Children lancia un appello forte. Che ci sia un impegno diretto e urgente, degli Stati membri dell'Unione Europea, per la creazione di un sistema strutturato, coordinato ed efficace, di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Queste persone, che hanno una grossa sofferenza alle spalle, non possono continuare a stare giornate e giornate in mare, hanno bisogno di trovare subito un'accoglienza e per i più vulnerabili, anche una forma di protezione". Oltre 1.100 profughi e migranti salvati in pochi giorni, in una sorta di staffetta umanitaria che ha coinvolto anche la Ocean Viking e la Lifeline. Nel Mediterraneo centrale, in cui non ci sono missioni coordinate di soccorso e in cui Malta, denuncia la Sea Eye, ignora sistematicamente gli SOS.