È il sesto giorno in mare per i 43 migranti e profughi salvati dalla Sea Watch, nel cuore del Mediterraneo mentre tentavano la traversata. Fuggiti dalla Libia su un gommone. Solo in 13 hanno potuto toccare terra. Neonati, donne incinte e persone malate. Scortati a Lampedusa da una motovedetta con a bordo i sanitari che ne hanno verificato le condizioni critiche e autorizzato lo sbarco. Ma la nave umanitaria, sulla quale ci sono anche minori soli, uno ha 12 anni, non può entrare in acque italiane. All'equipaggio è stato notificato il provvedimento, previsto dal Decreto Sicurezza bis voluto dal Ministro dell'Interno e controfirmato dai Ministri della Difesa e dei Trasporti, che prevede multe fino a 50000 euro e anche il sequestro della nave per chi viola il divieto. Dalla ONG ribadiscono “abbiamo fatto il nostro dovere. Riportare queste persone in Libia dove c'è una guerra e la vita delle persone non ha valore, equivale ad un respingimento che è contro il diritto internazionale.” Molte persone raccontano di avere tentato di lasciare la Libia via mare più volte. E una persona, addirittura, ha riconosciuto, nella motovedetta, che sopraggiunta, dopo il soccorso, la stessa che lo aveva riportato indietro. Tutte le volte sono stati di nuovo imprigionati. Erano terrorizzati alla vista della motovedetta. Un'altra persona racconta che un famigliare gli è stato ucciso davanti agli occhi con un colpo di kalashnikov, sempre in detenzione. Noi non riporteremo mai nessuno in un Paese dove alle persone vengono fatte queste cose. E ci aspetteremmo che i nostri Governi si impegnassero perché questo non avvenga, invece di facilitare e alimentare l’aspirale del traffico.