"Questa è la sua casa e prima era la casa di suo nonno". "Sì, mio padre e mio nonno. Il primo terremoto non è che aveva danni, quello che li aveva fatti è quello di ottobre, però l'abbiamo restaurata". 88 anni e una fibra da fare invidia ad un giovane. Il signor Camacci è rientrato in casa sua 3 settimane fa, dopo 9 anni. "Quando uno rientra nella sua casa di ragazzino è una cosa bellissima". Assieme a lui vivono i due figli che si sono personalmente occupati di ricostruire la loro casa. "Fare i solai, pavimenti, scale, bagni, tutto". "Cosa era rimasto, sano, della casa vecchia?" "Niente". "Noi stiamo vedendo che, comunque, da 3-4 anni la ricostruzione, come hai detto, dopo lo stallo è partita e sta andando, però per queste zone, diciamo quelle più colpite, perché per le zone non perimetrate, sì, c'è questa accelerazione, per le zone perimetrate c'è bisogno di quella marcia in più. Se le nuove generazioni perdono la possibilità di vivere questi luoghi incominciano a guardare altrove e si rischia di perdere davvero i ragazzi, e quindi il futuro". In realtà lo spopolamento è una realtà da quasi 50 anni. A mantenere vive queste zone sono le tradizioni, come le feste patronali. In questi giorni a Spelonga si celebra la Festa Bella. "Ci sono all'incirca 4000 persone che girano intorno al paese di Spelonga in questo periodo". "Siamo uniti, per fare sta festa". Una tradizione che si ripete ogni 3 anni e rievoca un episodio del 571. "Si narra che 150 spelongani tornarono dalla battaglia di Levanto vincitori con un vessillo di una bandiera turca". Capodacqua, Arquata, Vezzano, Pedilama, Pescara del Tronto, sono ancora dei cantieri a cielo aperto. Questa è, o meglio, è quel che resta di Pescara del Tronto. 9 anni fa qua sono morte 48 delle 299 vittime del terremoto. Di Pescara non resta praticamente più nulla. È stata rasa al suolo, prima dal sisma e poi dalle ruspe. La ricostruzione, forse, finalmente comincerà a settembre. "Noi ci auguriamo che l'anno prossimo qualcosa si veda, perché è difficile dopo 9 anni non vedere nulla. Però siamo anche ottimisti, perché dobbiamo guardare al futuro con speranza". Per sostenere la popolazione e l'economia locale, il sindaco di Arquata fa una proposta. "Noi chiediamo a gran voce che i comuni più colpiti, che saranno una una quindicina, debbano avere quella marcia in più. E quella marcia in più si può dare con una zona extra-doganale tipo Livigno". Una zona franca, insomma, che attragga imprese e mantenga vivo il territorio.























