Nessun risarcimento e pagamento delle spese legali a carico di sette famiglie di giovani universitari morti nel crollo della Casa dello Studente durante il terremoto dell'Aquila. Sarebbero deceduti per una loro condotta incauta e non perché rassicurati e indotti a rimanere nei loro alloggi, secondo i giudici. Un'altra sentenza shock è arrivata nell'ambito dei processi civili per le vittime del sisma dell'Aquila del 6 aprile 2009, che costò la vita a 309 persone. La Corte d'Appello dell'Aquila infatti ha respinto sette ricorsi delle parti civili confermando la sentenza di primo grado del 2022 riguardante il crollo dell'edificio in via Gabriele D'Annunzio 14. Oltre a non aver nessun risarcimento le famiglie degli studenti dovranno pagare anche le spese legali pari a 14mila euro. Per i giudici le cause dunque sono da ricercare nelle decisioni dei ragazzi assolvendo da ogni colpa come in primo grado la Commissione grandi rischi che si era riunita a L'Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del sisma, lanciando messaggi rassicuranti. Una vicenda giudiziaria che va avanti da anni e che ha visto una prima condanna del tribunale dell'Aquila a 6 anni per i sette che avevano partecipato alla riunione per poi assolverli in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, l'allora vice capo della Protezione Civile la cui condanna a 2 anni è stata confermata anche in Cassazione. De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto dell'allora capo della Protezione Civile Nazionale Guido Bertolaso, aveva inviato subito dopo messaggi rassicuranti che avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa, stando ai giudici di secondo grado non ci sarebbero prove certe delle rassicurazioni in relazione alla condotta dei giovani mancherebbe quindi il cosiddetto nesso causale per attribuire responsabilità di natura civile. È probabile a questo punto il ricorso in Cassazione.