A 14 anni dal sisma dell'Aquila il risarcimento per 30 parti civili sarà di circa 15 milioni di euro e a pagare sarà la Presidenza del Consiglio da cui dipende direttamente la Protezione Civile. Una cifra in fondo simbolica, destinata solo a chi scelse di intraprendere l'azione civile, non quella penale, ma che apre un nuovo capitolo giudiziario sulla tragedia che il 6 aprile del 2009 causò la morte di 309 persone, ed obbligò la popolazione di un capoluogo regionale agli inizi di evacuazione. Perché se in questo caso il tribunale civile dell'Aquila ha condannato Palazzo Chigi al risarcimento per le rassicurazioni allora prospettate dall'ex numero 2 della Protezione Civile Bernardo de Bernardinis, condannato in sede penale a 2 anni di reclusione, lo scorso ottobre lo stesso tribunale civile dell'Aquila sentenziò invece che è una colpa per le vittime dei crolli, non essere uscite di casa dopo 2 scosse di terremoto molto forte, che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi. Sentenza shock, questa, riferita al crollo di un palazzo in centro storico del capoluogo abruzzese, nel quale morirono 24 persone e firmata dal Giudice Monica Croci. Che in sintesi parlò di condotta incauta da parte delle vittime. Una visione diametralmente opposta è quella che ora arriva dallo stesso tribunale, ma non dallo stesso Magistrato, visto che la Croci è stata spostata al penale, grazie alla battaglia legale portata avanti dagli Avvocati Maria Teresa di Rocco e Silvia Catalucci che nel 2010 intrapresero appunto l'azione civile anzichè quella penale nei riguardi proprio della Presidenza del Consiglio. Iniziativa che riguarda ancora le risultanze del lavoro della Commissione Grandi Rischi che si riunì a L'Aquila il 31 marzo 2009, appena 5 giorni prima del terremoto, fornendo le rassicurazioni che portarono sia la condanna di Bernardinis ma anche l'assoluzione dell'intera Commissione da parte della Cassazione. Ora quindi un diverso Giudice Baldovino De Sensi, parla invece di responsabilità diretta della Presidenza del Consiglio dei Ministri che aveva la concreta possibilità in ossequio a precisi doveri normativi di verificare la correttezza dell'operato della Commissione, ma ha in pratica omesso di verificare che il "Non c'è pericolo" della Commissione, non fosse contraddetto dall'arrivo della scossa devastante ad appena 5 giorni di distanza dal suo pronunciamento.























