Sono passati nove anni dall’inizio della vicenda di Stefano Cucchi. Nove anni di campagne, appelli, denunce, inchieste, prese di posizione politiche. Ma se oggi parliamo di “sorpresa”, di “choc”, di “svolta”, è perché in tribunale contano i fatti. E in un processo, la confessione di uno degli imputati è un fatto. Forse decisivo. Che sia arrivata per un moto di coscienza, o come è altrettanto lecito ipotizzare, per semplice strategia difensiva, non ci è dato sapere. Quello che invece ci è dovuto, è la verità dei fatti. Verità non solo su chi ha martoriato quel corpo, ma anche su chi ha mentito, depistato, coperto, insabbiato. In una sua canzone Leonard Cohen scrive che “c’è una crepa in ogni cosa, ed è solo così che può entrare la luce”. Ieri non si è aperta soltanto una breccia, ma davvero è caduto un muro, come ha detto Ilaria, la sorella di Stefano Cucchi. Il processo non è chiuso, e non sappiamo cosa ancora troveremo dietro quel muro. Ma ora è davvero tempo di fare luce.