Una storia di spionaggio che sembra uscita da un romanzo dello scrittore britannico John le Carré, quella che emerge dagli atti della procura di Milano che nelle scorse ore ha iscritto nel registro degli indagati due imprenditori italiani di 34 e 60 anni. Per loro, l'accusa è di corruzione aggravata. Stando alle indagini condotte dai ROS, dai Carabinieri della sezione criptovalute di Roma, avrebbero agito con finalità di spionaggio e terrorismo. Si tratta dei titolari di una società in Brianza esperti in ambito tecnologico contattati dai servizi segreti russi prima nel cosiddetto deep web in quei siti nascosti accessibili solo attraverso browser appositi, poi su Telegram. Da quel momento in poi, avrebbero dato il via, stando alle accuse che vengono loro rivolte, ad un attività di spionaggio che li avrebbe portati a fornire dati sensibili, documentazione classificata, fotografie di installazioni militari e anche la mappatura dei sistemi di videosorveglianza di Milano e Roma con particolare attenzione alle cosiddette zone grigie, ovvero le aree cittadine non coperte da telecamere. In alcuni casi, avrebbero ottenuto in cambio compensi dai 2 ai 10mila euro in criptovalute, in altri avrebbero agito solo per motivi ideologici, per sostenere a loro modo la Russia di Vladimir Putin.