"Questa Procura Generale chiede a codesta Corte di assise d'appello di rigettare gli atti di gravame e di confermare la sentenza impugnata nei confronti di tutti gli imputati. Una sentenza complessa e molto ben argomentata, il cui principale pregio è stato quello di offrire un quadro d'insieme per decine di vicende che da anni suscitano interrogativi e sconcerto". La conferma delle condanne di primo grado: è questa la richiesta che i Sostituti Procuratori Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, della Procura Generale di Palermo, hanno fatto al Presidente della Corte d'assise d'appello, Angelo Pellino, nell'ambito del processo di secondo grado per la trattativa Stato- mafia. Alla sbarra boss mafiosi e pezzi deviati dello Stato che, secondo l'accusa, avrebbero trattato per far cessare la strategia stragista di Cosa Nostra, all'indomani delle bombe di Capaci, di via D'Amelio e degli attentati del '93. L'accusa nei confronti di molti imputati è quella di attentato al corpo politico dello Stato e associazione mafiosa. In primo grado, nel maggio del 2018, la Corte aveva condannato a 28 anni di carcere il boss Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, e a 12 anni il boss Antonino Cinà, medico fedelissimo dei corleonesi, l'ex capitano dei Carabinieri del ROS, Giuseppe De Donno, l'ex Comandante del ROS, il prefetto Mario Mori e il Generale dell'Arma, Antonino Subranni. 12 anni anche per l'ex Senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Presente all'udienza, collegato in videoconferenza da una località segreta, Giovanni Brusca la cui posizione in primo grado era stata prescritta. Il boia di Capaci, oggi pentito, dal 31 maggio è in libertà e non ha obbligo di partecipare al processo ma ha deciso di essere presente. Le prossime udienze saranno dedicate alle arringhe degli avvocati degli imputati. Poi sarà il momento della sentenza.