Due anni senza Giulia, con l'obiettivo di trasformare il lutto e con l'urgenza di non accanirsi nella battaglia giudiziaria, Gino Cecchettin, padre della ventiduenne uccisa da Filippo Turetta e presidente della fondazione che porta il nome della figlia, ha una visione molto personale del tempo trascorso dalla tragedia. Il tempo a volte scorre piano, dice, altre scorre veloce. Non saprei definire il tempo, ma questi due anni li ho passati nel dolore, confida. Il padre di Giulia è intervenuto in un'audizione davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sui femminicidi e ha insistito sull'utilità dell'educazione sessuale a scuola. "I piani didattici dovrebbero essere fatti dagli esperti, dagli esperti di pedagogia. E Considerando che ci sono molte famiglie dove non c'è tempo per l'educazione e in alcune famiglie dove invece c'è violenza. Ai ragazzi diamo i cellulari a 10 anni, E quindi si connettono con il mondo e anziché imparare dagli esperti imparano nel peggiore dei modi". Dopo la rinuncia della Procura Generale all'appello per Turetta, Gino Cecchettin non vuole pietrificare la sua vita in un'aula di tribunale. La guerra è finita, ora vado avanti. Da quel giorno il mio mondo si è fermato, ma non potevo restare fermo anch'io. Per Gino Cecchettin la repressione non basta, non sono qui per chiedere più punizioni o leggi più dure, la giustizia serve, ma arriva sempre dopo la violenza di genere è un fenomeno strutturale radicato nella nostra cultura. Quando la scuola tace parlano i social, parlano i modelli tossici, parlano i silenzi degli adulti, ma in una società ancora patriarcale qualcosa si muove. "Cercare di supportare questo vento e questo agente di cambiamento continuando l'opera di sensibilizzazione. E far sì che non ci siano altri genitori come me che possano piangere una figlia vittima di femminicidio". .























