La convinzione di essere ingannato, il senso di persecuzione, la certezza di essere sotto assedio, caratteristiche di un disturbo paranoide della personalità. È così che gli psichiatri del carcere hanno definito Claudio Campiti. È così che lo definisce il suo difensore, che al termine dell'arringa ne chiede la non imputabilità perché totalmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto. "Ho chiesto la non punibilità per il mio assistito. È un delirante, è una persona che ha delirato che ha fatto ciò che fanno i criminali comuni per vantaggio, per scelta. Ma lui è soggiogato dal suo delirio". Accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, ha ucciso quattro persone Campiti divorato dal rancore, dalla rabbia nei confronti dei membri del Consorzio Valle Verde, dove viveva dentro lo scheletro di una casa mai terminata, ha sottratto un'arma, caricatori, proiettili dal poligono di tiro di Tor di Quinto. Poi ha raggiunto un bar di Fidene, periferia a nord est di Roma e ha ucciso Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi, Fabiana De Angelis e Nicoletta Golisano, componenti del consiglio d'amministrazione cui lui imputava ogni responsabilità per la sua situazione esasperato dalle condotte mafiose, ha spiegato lui stesso, tenute per anni nei suoi confronti. Sarà la prima corte d'assise di Roma che ha negato la perizia psichiatrica a decidere della sua incapacità e dovrà anche valutare le eventuali responsabilità di altri due imputati: il presidente della sezione Tiro a segno nazionale di Roma e un dipendente addetto all'armeria del poligono di Tor di Quinto. Perché qualcosa in quel poligono non funzionava. Perché qualcuno è riuscito a portar via un'arma senza che nessuno se ne rendesse conto e con quell'arma fare una strage. .