Non si può affatto escludere che all'imputato, la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno. Facendosi sporgere i fazzoletti. Tenendo la porta socchiusa. Aperture lette certamente dall'imputato come un invito a osare. Parole scritte nere su bianco nella motivazione della sentenza con la quale la Corte d'Appello di Torino ha assolto un ragazzo di 25 anni dall'accusa di stupro, ribaltando il giudizio di Primo Grado che lo aveva condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni con l'abbreviato. I fatti risalgono a maggio 2019. I due ragazzi hanno entrambi poco più di 20 anni, si conoscono da tempo e si rincontrano casualmente in centro, a Torino. Vanno a bere un aperitivo in via Garibaldi. Lei è alterata dall'alcol, quando il suo amico apre la porta del bagno ed entra, lei grida: non voglio. Lui però le tappa la bocca e le tira giù i pantaloni, rompendo anche la cerniera. Ma secondo la Corte, si legge ancora nella sentenza, nulla può escludere che sull'esaltazione del momento, la cerniera, di modesta qualità, si sia deteriorata sotto forzatura. La ragazza, subito dopo, ha avuto un malore e ha vomitato. Il suo amico ha atteso con lei gli zii che arrivassero a soccorrerla. Questo è stato interpretato come "buona fede". Ma la Procuratrice Nicoletta Quaglino non ci sta e ha impugnato la sentenza, perché, scrive nel ricorso per Cassazione, non risulta provata la mancanza di dissenso da parte della persona offesa. Anzi, risulta evidente la sussistenza di un dissenso manifesto. Dissenso palesato con parole e gesti dalla vittima.























