"Orlando aveva un dolore che lo opprimeva qua dentro. Era un peso dentro, delle parole che ha dovuto sopportare, come una spugna". Una spugna che ha assorbito troppo dolore, per troppo tempo, in silenzio e non ha retto. Orlando aveva compiuto 18 anni da nemmeno un mese, quando il 20 giugno, si è gettato sotto un treno tra le stazioni di Torino Lingotto e Moncalieri. Orlando era omosessuale per questo riceveva insulti, derisioni, attacchi. Hanno continuato anche dopo la sua morte, sui social. La Procura di Torino ha aperto un fascicolo con ipotesi di reato di omofobia e bullismo. Anna Maria, sua mamma che vive in Calabria, non lo vedeva da Natale, sperava di riabbracciarlo dopo la scuola. Ora che non può più farlo, si rivolge a chi ha fatto soffrire così tanto suo figlio. "Devono pesare le parole, perché con una parola ti uccide, più di uno schiaffo ti uccide. Ti devasta dentro proprio. Una qualsiasi parola fuorivia, ti uccide. Abbiamo visto i risultati". "Orlando quando le ha detto di essere omosessuale?". "Io l'ho sempre saputo. Io ho sempre saputo che lui lo era. Non si faceva aiutare. Non sapevamo come aiutarlo. Come si fa in questi casi?". Mattia era un suo grande amico, ma nemmeno con lui Orlando era riuscito a confidarsi fino in fondo. "A chi lo ha insultato, deriso, a chi continua ancora oggi a farlo, che cosa vuoi dire?". "Di guardare la realtà e capire che potevano fare diversamente, perché questo non è stato il modo. Cioè, se l'obiettivo dell'insulto era offendere, l'ha offeso tanto. Se l'obiettivo era quello di cambiarlo, non lo cambierà mai neanche ora". "C'è qualcosa che avrebbe voluto dire ad Orlando?". "Che non si doveva arrendere, come mamma, non si doveva arrendere. Doveva lottare contro i pregiudizi e l'ignoranza".