È accusata di essere stata la postina della 'ndrangheta nel bresciano. Di aver cioè trasmesso ordini e informazioni dei boss dal carcere, dov'era volontaria, verso l'esterno, facendole arrivare a chi di dovere. Per queste ragioni, con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, andrà a processo suor Anna Donelli, 58 anni origini cremonesi, ritenuta dalla procura di Brescia al servizio della famiglia 'ndranghetista dei Tripòdi e finita un anno fa agli arresti domiciliari, poi revocati. La religiosa per vent'anni è stata volontaria nelle carceri di San Vittore a Milano e di Canton Mombello a Brescia, e proprio grazie alla sua opera di assistente spirituale, secondo i magistrati, avrebbe aiutato il clan dei Tripòdi, ritenuti vertici di una potente locale radicata nel bresciano e contigua alla cosca calabrese Alvaro di Sant'Eufemia d'Aspromonte. Come? Secondo il giudice che ne aveva firmato l'arresto, dando una mano ai boss nel pianificare strategie criminali in risposta alle attività delle forze dell'ordine, facendoli comunicare con i parenti anche in presenza di un divieto e risolvendo dissidi tra fazioni in carcere per loro conto. Ha sempre negato le accuse definendole "infamanti" suor Anna, precisando che la sua è sempre stata un'opera umanitaria. Con lei a processo andranno in 12, tra cui anche l'ex consigliere comunale di Brescia, in quota Fratelli d'Italia, Giovanni Acri presunto medico di fiducia del clan Tripòdi. Anche lui nega le accuse. Era stato arrestato insieme a suor Anna e ad altre 23 persone un anno fa nell'ambito di un'operazione contro un presunto gruppo criminale legato alla 'ndrangheta. .























