“Vedi delle cose straordinarie, sia dal punto di vista proprio tecnico che dal punto vista della creatività delle persone e di luoghi assurdi”. Stefano Nannarelli è un naturalista con sulle spalle 25 anni di esperienza sul campo dello studio e la prevenzione della fauna ittica del Mediterraneo. C'era anche lui mercoledì sera al Cinema Moderno di Roma per la tappa nella capitale dell'Ocean Film Festival. “La cosa che mi colpisce è che il pubblico spesso è poco consapevole dei reali effetti che stiamo causando all'ambiente marino”. Nella rassegna itinerante che farà tappa oggi a Napoli, e poi nei prossimi giorni, fino al 29 ottobre, a Torino, Trieste, Bologna, Genova, solamente per citare alcune delle città interessate, l'oceano viene messo a nudo nelle sue fragilità, attraverso nove cortometraggi proiettati in sequenza. Storie di natura, di animali che popolano l'oceano e i mari, ma anche storie di uomini, come l'avventura di Robert Manry. “È una persona dall'aspetto ordinario, che però a metà degli anni 70 fa una cosa straordinaria, ed è una traversata dell'Atlantico che compie in 78 giorni, in totale solitudine su una barca a vela di 4 metri, totalmente in legno. Ed è carino vedere anche lo spirito con cui affronta tutto questo. Non è uno sprovveduto, tutt'altro. Si è organizzato puntigliosamente, mesi e mesi di preparazione e poi parte l'avventura. L'arrivo è solo che da vedere”. Ad accompagnare in questo viaggio l'Ocean Film Festival nella maggior parte del percorso ci sono i volontari di Sea Shepherd. “Salvare gli oceani significa salvare l'intera umanità. Il problema globale, il problema dell'ambiente, e il mare è la maggior parte della superficie quadrata della terra, è un problema che riguarda l'umanità”. “Quello a cui dobbiamo cercare di giungere non è solo il rispetto, ma è proprio l'amore nei confronti del nostro pianeta”.