Le emissioni del siderurgico dal 2018 ad oggi, l'era Arcelor-Mittal in pratica, sarebbero finite sotto i riflettori della procura di Taranto. La notizia, lanciata dalla Gazzetta del Mezzogiorno che dà conto della visita in acciaieria per l'acquisizione di documenti dei Carabinieri del NOE di Lecce, arriva nel bel mezzo di un botta e risposta tra ambientalisti e azienda proprio sulle emissioni. A Pacelink, che aveva evidenziato la crescita dei livelli di polveri sottili e benzene nel quartiere Tamburi, Acciaierie d'Italia aveva risposto nelle ultime ore con i dati dell'Arpa che non segnalano sforamenti dei limiti di legge. Schermaglie che rimangono per ora sullo sfondo di una vertenza divenuta soprattutto politico-finanziaria. Il futuro della più grande acciaieria d'Italia e più in generale di tutto il gruppo industriale si decide ormai a Palazzo Chigi. Già nell'incontro con i sindacati il Governo, incassato il disimpegno di Arcelor-Mittal, potrebbe anticipare le prossime mosse che dovrebbero andare nella direzione di una amministrazione straordinaria che ad onor del vero scontenterebbe molti qui a Taranto, essendo stata già sperimentata in passato. Anche se va detto dei nuovi segnali di apertura arrivati dal socio di maggioranza, ora disposto si a scendere sotto il 50% ma continuando a condividere la governance con il socio pubblico cui chiede al tempo stesso un maggior contributo economico. All'esterno dei cancelli delle acciaierie intanto cresce la protesta delle imprese dell'indotto, 4000 lavoratori in tutto, in grandi difficoltà per crediti insoluti e mancati ordini.