Vuole il processo il Procuratore della Repubblica di Verbania Olimpia Bossi e firma alla richiesta di rinvio a giudizio per gli otto indagati, sei persone fisiche e due giuridiche, per il più grave incidente della storia degli impianti a fune in Italia: la tragedia della funivia del Mottarone, la cui cabina il 23 maggio 2021 precipitò senza controllo, per 400 metri lungo il cavo, ad oltre 100 chilometri all'ora. 14 morti, un solo sopravvissuto un bimbo di sei anni. Il processo viene chiesto per Luigi Nerini, titolare della società di gestione, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, direttore d'esercizio e capo servizio dell'impianto, per Anton Seeber, Martin Leitner e Peter Rabanser, rispettivamente presidente consigliere delegato e capo del servizio clienti di Leitner la società di Vipiteno, leader mondiale negli impianti a fune, che per le ferrovie del Mottarone faceva la manutenzione, con un contratto da 150mila Euro l'anno. Secondo la PM Laura Carrera, titolare dell'inchiesta, dietro l'incidente ci fu la volontà di risparmiare sui costi del personale, sulla manutenzione e sulla sicurezza. Disastro colposo, attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione di apparati di sicurezza, omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e falso in atto pubblico. Tutte ipotesi di accusa che, solo a leggerle, raccontano come, secondo gli inquirenti, sono andati i fatti. Secondo i periti si ruppe la fune traente all'altezza della cosiddetta testa fusa, in sostanza la giuntura tra la fune e il carrello. La cabina precipitò verso valle senza che potessero intervenire i freni d'emergenza, disattivati per impedire interruzioni di esercizio. Sempre secondo i periti la testa fusa, che dovrebbe essere ispezionata una volta al mese, non era mai stata controllata negli ultimi cinque anni. Peggio perché dai registri risultano verifiche, mai avvenute.