29 vite distrutte, le macerie dell'hotel, i soccorritori che arrivano di notte fra metri di neve e nella bufera. I primi operatori che decidono di proseguire a piedi con le pelli di foca. Così si torna indietro di sette anni, al giorno in cui una valanga travolse e distrusse l'albergo di Rigopiano in Abruzzo situato a Farindola, località turistica alle falde del Gran Sasso. Sono quasi le 17 quando una slavina del peso poi stimato in almeno in 120.000 tonnellate di neve, si staccò dal Monte Siella e si abbatté sul resort. In quel momento all'interno della struttura c'erano 40 persone, 12 dipendenti e 28 clienti, tra cui alcuni bambini. Tutti in attesa di lasciare l'albergo, preoccuparti per le nevicate che non davano tregua e per le forti scosse di terremoto che si erano susseguite nella mattinata. Poche ore prima della tragedia ci furono diverse richieste di aiuto, tra queste le telefonate di Gabriele D'Angelo cameriere dell'hotel morto nel disastro. Richieste rimaste senza risposta, con gli ospiti in attesa di uno spazzaneve che non arriverà mai. Le famiglie spezzate aspettano ancora giustizia. A distanza di 7 anni c'è una sentenza di primo grado firmata dal GUP di Pescara che ha assolto con rito abbreviato 25 dei 30 imputati per questa tragedia, mettendo in evidenza l'imprevedibilità dell'evento e condannando cinque imputati, di cui tre per il disastro. Il dirigente della Provincia Paolo D'Incecco, il funzionario Mauro Di Blasio e il Sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per non aver sgomberato l'hotel. La procura di Pescara che aveva invece chiesto 26 condanne per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione e quattro assoluzioni, punta a ribaltare il verdetto in appello. Il processo è in corso all'Aquila, dove si attende la conclusione delle udienze e una sentenza prevista per il 9 febbraio.