Anche l'arte era un canale di finanziamento della latitanza durata 30 anni dell'ultimo boss stragista rimasto libero grazie alle sue molteplici identità e ad una fitta rete di protezione e connivenze fino al gennaio del 2023. Era un canale aperto da tempo quello con cui Messina Denaro si garantiva ingenti proventi attraverso la vendita di beni archeologici di inestimabile valore e interesse storico. Il suo uomo di fiducia, secondo la DIA era l'85enne, concittadino, Franco Becchina imprenditore che a Castelvetrano era nato e qui aveva avviato le sue attività nell'agricoltura prima e nell'edilizia poi, per diventare in seguito un trafficante internazionale di opere d'arte. La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani gli ha sequestrato anfore di epoca tardo-romana ed un basamento di marmo che riproduce scene mitologiche risalente ad epoca ellenistica. Sono gli ultimi di una lunga serie di beni che negli anni sono stati confiscati ad un soggetto considerato vicino a Cosa Nostra, in affari con la famiglia mafiosa di Castelvetrano come confermato negli anni collaboratori di giustizia. Già nel 2017 le indagini svolte dalla sezione operativa della Direzione Investigativa Antimafia di Trapani avevano portato al sequestro di beni appartenenti al Becchina del valore di diversi milioni di Euro. Un uomo vicino alla criminalità organizzata, secondo gli inquirenti, anche in assenza di condanne definitive considerato un soggetto, come si legge nel provvedimento firmato dal direttore della DIA e dal Procuratore della Repubblica di Palermo, su cui emergono numerosi indizi di pericolosità. Le opere d'arte sequestrate saranno affidate alla Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali e torneranno ad essere fruibili dalla collettività.























