Francesco Luppino era già stato arrestato nel 2013 perché considerato uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro, scarcerato era tornato a gestire la cosca mafiosa di Campobello di Mazara e a tessere la rete di protezione intorno al boss, latitante da quasi 30 anni, ma i Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani lo tenevano d'occhio e Luppino è finito di nuovo in manette con altri 34 presunti favoreggiatori del latitante, condannato all'ergastolo per le stragi del '92 del '93. Quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro, così i mafiosi trapanesi venivano indicati dagli esponenti di Cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese con cui avevano stretto alleanze. "L'indagine è durata tre anni, condotta dai Carabinieri che ha consentito di disvelare le trame mafiose dei mandamenti di Mazara del Vallo, Castelvetrano e della famiglia mafiosa di Marsala. L'indagine ha confermato l'operatività e l'egemonia di Matteo Messina Denaro che esercita il suo potere attraverso delle direttive che trasmette agli esponenti apicali di queste organizzazioni, se pur con le difficoltà conseguenti dalla sua latitanza quindi l'odierna operazione sicuramente ha contribuito e contribuirà a depotenziare ulteriormente le trame associative dell'organizzazione." Messina Denaro è vivo e ha ancora un ruolo di primo piano nell'organizzazione degli assetti mafiosi e nella nomina dei reggenti delle varie cosche, dicono gli inquirenti, in una provincia in cui la mafia ha il controllo quasi totale sul tessuto economico e sociale, con il traffico di droga, le estorsioni a ristoranti e alberghi nelle zone a più forte vocazione turistica, il condizionamento degli appalti e delle aste, il monopolio sul settore della sicurezza dei locali notturni e del recupero crediti.























