Un tappeto rosso e una bara con la kefiah e la bandiera palestinese rivolta verso La Mecca, sul corpo già esanime di Marah Abu Zuhri, un'ultima battaglia, quella tra governo israeliano e medici pisani sulla ragione della sua morte. Una sospetta leucemia diagnosticata a Gaza e un fatto certo: la ragazza è arrivata in Italia grazie ad un corridoio umanitario con un severo deperimento organico, pesava soltanto 36 chili. La mamma l'ha accompagnata anche in questo suo ultimo viaggio. "Lascio una parte del mio cuore qui con voi", dice "essere vicino a mia figlia significa essere vicino al nostro popolo". "Palestina libera", urlano in coro i Pro-Pal, che contestano anche il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. "Il riconoscimento della Palestina è l'elemento fondamentale per offrire uno scudo a questo popolo. Siamo ad oggi la regione che l'ha fatto con tempestività e chiarezza. Noi siamo perché la Palestina sia uno Stato e se lo Stato italiano non l'ha fatto, sbaglia". "Lo Stato di Israele ci sta affamando", accusa il portavoce dell'ambasciatrice palestinese in Italia. "Che l'anima di Marah possa riposare in pace, libera dal dolore, e che noi possiamo trovare nella sua memoria la forza di continuare a vivere, ad amare, a reclamare un futuro". Quello che la madre di Marah proverà a riscrivere tornando dal resto della famiglia a Gaza, lasciando qui sua figlia, non più, suo malgrado, una semplice ragazza palestinese, ma un ennesimo simbolo di resistenza. "Abbiamo voluto che Marah avesse una tomba, un luogo, una memoria. Perché ogni persona ha diritto a essere riconosciuta, anche nella morte. E in un tempo in cui si con semplicità e fermezza di restituire dignità". con semplicità e fermezza di restituire dignità".























