Errori investigativi, DNA mai prelevati, alibi ancora da verificare, macchie di sangue non analizzate o analizzate con kit scaduti. Una scena del crimine datata 07/08/1990, un assassino che dopo 35 anni non ha ancora un nome e un volto, ed una vittima, Simonetta Cesaroni, uccisa a 20 anni con 29 coltellate con un tagliacarte in uno degli uffici degli Alberghi della Gioventù. Via Poma, da 35 anni, non è più solo un indirizzo del quartiere Prati di Roma, ma è il nome di uno dei più noti misteri italiani. Presunti colpevoli dichiarati innocenti, tra cui l'allora portiere dello stabile Pietrino Vanacore, morto suicida nel 2010 alla vigilia di una testimonianza. Un lungo processo con tre gradi di giudizio e una piena assoluzione del fidanzato Raniero Busco, e nuove indagini con la decisione del GIP di Roma, che ha respinto la richiesta di archiviazione nel dicembre 2024, e ha sintetizzato in 55 pagine tutto quello che su via Poma va rifatto da capo, partendo anche da sei esposti, cinque presentati dalla sorella di Simonetta Paola e uno dal criminologo Carmelo Lavorino. "Nel mio esposto ho presentato 13 elementi. Il primo è che l'assassino è mancino e ha colpito per 30 volte con la mano sinistra Simonetta Cesaroni Il secondo che l'assassino ha il gruppo sanguigno A DQ Alfa 4/4, quindi è un elemento di DNA molto importante. Il sangue sulla porta venne inizialmente male analizzato, poi si è scoperto che era lo stesso gruppo DQ Alfa del sangue sul telefono. L'assassino è un territoriale ha usufruito dell'aiuto di un complice assettatore anch'egli condominiale". .























