A casa, al sicuro. Durante il lockdown ci siamo protetti cosi dalla pandemia, o almeno ci abbiamo provato. Per molti, però, la casa non è certo sinonimo di sicurezza, a casa, sì, ma in pericolo. Certamente, donne che già con fatica subivano o sopportavano gli abusi, da parte del maltrattante, magari in fasce orarie, perché lui lavorava o lei lavorava e che si sono trovate, di colpo, costrette a vivere con questo maltrattanti 24 ore su 24, certamente hanno avuto maggior bisogno di assistenza e quindi richieste di aiuto sono comprensibili e sono state sicuramente maggiori le richieste di aiuto rispetto a periodi diversi. Le vittime di violenza hanno vissuto questo periodo con ulteriore angoscia, paura, ansia. Chi in casa subisce maltrattamenti, in casa è rimasto, con le conseguenze registrate dai Istat. 5 mila 31 telefonate al numero antiviolenza “1522”, un incremento del 73 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. In aumento le richieste di aiuto e supporto, le chiamate ai Centri Antiviolenza vengono fatte per segnalare casi, ma anche per chiedere supporto psicologico e sociale, per iniziare, insomma, un percorso di sostegno e liberazione. Chiamate in aumento in questo periodo anche nella fascia oraria notturna o al mattino presto. Secondo Istat, l'incremento è dovuto anche alla maggior diffusione delle campagne di sensibilizzazione. Poi, c'è il capitolo denunce, diminuite quelle per maltrattamenti in famiglia del 43,6 per cento, quelle per omicidi di donne, tra le quali risultano in netto calo quelle per omicidi femminili da parte del partner. Alla base, forse, la paura, ma anche l'incertezza sul dopo, su quello che potrebbe accadere. Spesso, poi, c'è anche poca fiducia nello Stato. E tra chi ha trovato la forza e il coraggio, ma anche il giusto sostegno per denunciare, c'è anche una percentuale di chi ci ripensa e la ritira: il 2,8 per cento. Più di una donna su 3 è tornata da chi la maltrattava, sono insomma meccanismi psicologici complessi e delicati e soprattutto non sempre facili da capire.