Quando sono state istituite per decreto il 9 marzo scorso, l'Italia entrava in lock down, si disse un medico e un infermiere raggiungeranno direttamente a casa i positivi al coronavirus, tutti malati Covid che non hanno bisogno di ricovero, prescriverà la cura adatta, farà i tamponi a domicilio. Una squadra ogni 50000 abitanti. Ovunque, la legge prevedeva 1200 su tutto il territorio nazionale entro 10 giorni, dopo 7 mesi e mezzo sono 600, appena la metà. Sono i numeri desolanti delle unità speciali di continuità assistenziale, USCA per intenderci. Sulla carta un modo intelligente per alleggerire il lavoro di ospedali e medici di base, nella pratica, però, spesso inutili, denuncia la Federazione dei medici di medicina generale, ogni ASL ha stabilito le sue regole, spiegano i tecnici, andrebbero invece inserite in modo organico nella medicina territoriale e poi sono ancora troppo poche, soprattutto in regioni che in questo momento ne avrebbero maggior bisogno, come la Lombardia, un centinaio sulle 200 previste allo stato attuale. E non sta messo molto meglio il Veneto, con 51 squadre sulle 98 previste, come la Campania che arriva a uno striminzito 50%, hanno fatto meglio, in proporzione, Calabria e Sicilia, che hanno pagato il fatto di essere partiti in ritardo, ma che hanno ampiamente recuperato e superato le regioni più avanzate dal punto di vista sanitario, qualche ritardo è più che comprensibile si dirà, visto la situazione eccezionale. Il fatto è che la lacuna non è stata colmata neppure durante l'estate quando la diminuzione dei casi avrebbe potuto far recuperare terreno ai ritardatari e invece ha provocato anche in questo caso un allentamento delle misure preventive. Col risultato che ora le USCA sono attive a macchia di leopardo, Piemonte e Emilia Romagna sono le uniche due regioni in regola, la Liguria, dove sono state chiamate gruppi strutturali di assistenza territoriale, ha addirittura superato l'obiettivo e il governatore Toti ha annunciato di voler potenziare le visite domiciliari, caso a se fa il Lazio che le ha chiamate USCAR con la R di Regione, in fondo, 400 unità contro le 110 preventivate, sono praticamente ovunque, spesso anche su base volontaria e organizzate solo online, strutture agili, smart, verrebbe da dire, fanno base allo Spallanzani e si muovono su input di medici di base e Asl, perché alla fine il dottore abbiamo bisogno di vederlo di persona, è la base della medicina territoriale.