Altri 45 lunghissimi giorni dietro le sbarre. Per Patrick Zaki sembra ancora lontana la scarcerazione. Il Tribunale del Cairo si è pronunciato dopo l'ennesima udienza, una quindicina finora in tutto in pochi mesi, e ancora una volta ha deciso per il "no". Lo studente egiziano, che anche stavolta era in aula, dovrà attendere in cella il processo che lo aspetta per presunta propaganda sovversiva che, nel suo caso, data l'accusa di tentare di rovesciare il regime, potrebbe essere punita anche con l'ergastolo. La sua detenzione cautelare può durare fino a 2 anni prorogabili ed evidentemente i magistrati egiziani non intendono interromperla. Le condizioni del giovane studente dell'Università di Bologna, però, dopo 15 mesi di prigione, peggiorano. Quelle fisiche innanzitutto a causa dell'asma di cui soffre e di un mal di schiena aggravato dallo stato disumano in cui è tenuto: dorme per terra. E poi, soprattutto, quelle psicologiche. Nell'ultima visita della madre della fidanzata, il 29 maggio, Patrick non aveva dimostrato alcun interesse per l'udienza in programma due giorni dopo. Sembra non crederci più, sembra aver perso le speranze e questa nuova decisione non potrà che peggiorare il suo morale. Soffre di ansia e depressione, dice la sorella Marise, che ai nostri microfoni aveva però ribadito la fiducia nella giustizia egiziana. Intanto gli appelli e le iniziative per lui nel nostro Paese si moltiplicano. L'ultima una mostra a Bologna, "Prigionieri di coscienza", promossa da Università, Comune, Amnesty International e Sardine, per il 16 giugno, il giorno del compleanno di Patrick, il trentesimo, che passerà dietro le sbarre.