Trattativa in fase delicata. Così i sindacati definiscono i negoziati con ITA, la società a pieno controllo pubblico che ha il compito di prendere il testimone di Alitalia. Dopo la rottura consumata nei giorni scorsi sono ripresi i colloqui e l’azienda pare abbia mostrato una maggiore attenzione alle richieste dei lavoratori. Richieste che riguardano soprattutto il contratto che piloti, assistenti di volo e altri dipendenti sono chiamati a firmare per far decollare la neonata aviolinea a metà ottobre. ITA ha proposto stipendi che, secondo i sindacati, sono molto più bassi, fino al 50%, di quelli dell'ex compagnia di bandiera. Ma i nodi non finiscono qui, perché c’è da capire anche quale sarà il futuro del personale della vecchia Alitalia che non entrerà in ITA. Quest’ultima partirà con 2.800 lavoratori, una flotta di 52 aerei, e avrà una dote di 1,35 miliardi di soldi statali. L’obiettivo è quello di un’azienda snella che rompa col passato, in pratica una società che non abbia più bisogno del fiume di denari pubblici per volare. Questo vuol dire che ITA non erediterà i debiti di Alitalia, compreso il prestito-ponte da 900 milioni del 2017 bocciato dall’Europa, ma anche che circa 7.000 impiegati, della manutenzione e dei servizi di terra, rimarranno fuori. Su questo capitolo i sindacati chiedono rassicurazioni al Governo, che ha promesso un piano per riassorbire il personale, proponendo la cassa integrazione fino al 2025, anno in cui ITA dovrebbe raddoppiare la forza lavoro, e incentivi per i prepensionamenti. Intanto, si avvicina l’asta per lo storico marchio Alitalia. Non andrà automaticamente a ITA, che dovrà mettersi in lizza con altri concorrenti. Una circostanza che potrebbe far lievitare il prezzo della livrea tricolore al punto da poter spingere il nuovo vettore a rinunciarci.