C'è un'Italia che non si è fermata e che ha continuato a lavorare nonostante il lockdown. Non parliamo solo di: medici, infermieri, farmacisti, addetti ai supermercati, alle consegne, Forze dell'Ordine, ma di tutti gli occupati in settori che non sono stati chiusi. Adottando le dovute precauzioni, sottoponendosi a controlli all'ingresso, mantenendo le distanze interpersonali, hanno continuato a lavorare. Secondo l'Istat, nei settori rimasti attivi lavora oltre la metà degli occupati e l'indagine non include realtà come: l'agricoltura, i servizi finanziari e parte del terziario, settori che in molti casi sono rimasti aperti e anche se molte aziende potrebbero comunque aver ridotto la produzione o averla fermata, anche se appartenenti ai settori che non hanno chiuso, resta il fatto che sono ancora molti gli italiani che continuano a recarsi in fabbrica o in ufficio o nel proprio negozio. In alcune città, poi, le attività rimaste aperte hanno un peso ancora maggiore della media nazionale, a Roma, a Bari a Palermo a Genova, supera il 65% e percentuali vicine, se non superiori al 70%, si registrano anche nelle aree più colpite dal contagio, come: Milano, Lodi, Crema. Il fatto che molti settori non si siano fermati non impedirà alla nostra economia di subire pesanti contraccolpi dal fermo, anche se parziale, delle attività per contenere il contagio. Secondo la Banca d'Italia la produzione industriale a marzo subirà una contrazione del 15% e le imprese, da qui a luglio, avranno bisogno di 50 miliardi di nuova liquidità. Tutto questo avviene, secondo Palazzo Koch, in una fase in cui la nostra economia era già praticamente ferma e potrebbe causare nuove sofferenze bancarie e quest'anno l'economia globale sarà in recessione, avverte il Fondo Monetario Internazionale, che per il nostro Paese stima un crollo del Pil di oltre il 9% e bene fanno gli Stati ad aumentare il deficit per contrastare i danni economici della pandemia, una risposta, sostiene il Fondo, appropriata.