Il timore che la scuola di Elon Musk e dei suoi drastici tagli alla spesa pubblica americana cali sull'Italia si fa più concreto. Per i nostri sindacati la stretta decisa oltreoceano, infatti, potrebbe avere pesanti ricadute sugli oltre quattromila connazionali che lavorano nelle cinque basi statunitensi nel nostro Paese. Sono i dipendenti diretti, il cosiddetto personale civile del governo di Washington, ai quali negli ultimi tempi sono arrivati segnali preoccupanti, preceduti da quanto annunciato da Donald Trump a gennaio, quando ha detto che vuole tagliare di un quinto il numero dei suoi soldati in Europa. Si temono ricadute sui lavoratori delle strutture militari a stelle e strisce in Italia che, considerando anche l'indotto che vale circa un miliardo di euro all'anno, danno un posto a più di ottomila persone. Numeri rilevanti per l'impatto sull'economia, anche perché le forbici di Musk del suo dipartimento per l'efficienza in patria vanno a pieno ritmo. Finora negli Stati Uniti sono stati mandati a casa, tra incentivi, pensionamenti e licenziamenti oltre centomila impiegati tra i 2,3 milioni di dipendenti federali. In Italia, intanto sono state bloccate le assunzioni nelle basi e ci ha già rimesso chi era a tempo determinato, congelato le carte di credito con le quali si comprano materiali, dal carburante alla carta igienica e inviato delle e-mail, così come avvenuto per gli americani, con le quali si chiede ai dipendenti quali risultati si sono ottenuti al lavoro. Per la nostra legge gli italiani non sarebbero tenuti a stilare un resoconto perché non sono stati assunti allo scopo di raggiungere obiettivi determinati. Molti avrebbero comunque risposto perché, come spiega la Uil c'è una gran confusione. Le lettere non sono arrivate a tutti i dipendenti, ma solo ai loro capi che, in assenza di risposte certe da parte delle autorità Usa su come comportarsi, hanno girato o meno la richiesta ai loro colleghi.