La pandemia ha dato una dura batosta al lavoro nel nostro Paese. Ma le cose sarebbero andate peggio senza il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione. É questo il senso delle parole di Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, nell'illustrare la relazione annuale. "Oggi i segnali di ripresa sono incoraggianti, robusti. Sta a noi trasformarli in elementi strutturali di crescita e di vero rilancio". Il divieto di lasciare a casa i dipendenti, finito per le grandi imprese il primo luglio, in un anno ha salvato 330000 posti, di cui due terzi nelle piccole aziende. L'occupazione si è tuttavia ridotta e a pagarne il prezzo sono stati soprattutto i precari, le donne, gli autonomi. Le nuove assunzioni sono scese di quasi un terzo rispetto al 2019 e chi ha mantenuto l'impiego, ha visto calare le proprie entrate. Circa 1000 euro in meno in media, a causa della riduzione dei giorni di lavoro. La cassa integrazione ha sostenuto i redditi con un boom mai visto. Ha riguardato 6,7 milioni di impiegati e operai ed è costata 18,7 miliardi di soldi pubblici. Nel 2019, prima del Covid, si era speso meno di un miliardo e mezzo. Questi non sono stati gli unici aiuti erogati dall'istituto. Si superano infatti i 44 miliardi e 18 milioni di beneficiari, se consideriamo tutte le altre misure. Un impegno gigantesco per l'Inps ma Tridico ritiene che nel corso di quest'anno la ripresa economica permetterà di superare gli effetti finanziari negativi. Un capitolo caldo, quello dei conti dell'Istituto, che tocca il tema pensioni. Quota 100 finirà a dicembre e in ballo ci sono diverse proposte di anticipo. L'Inps analizza le tre al centro del dibattito politico e stima i costi nel breve e lungo periodo. Si va dagli oltre 9 miliardi a 2,4 nel periodo di picco, a seconda delle formule tra età e contributi considerati.