Una decisione che fa già discutere: via libera della Cassazione al pagamento delle tasse sulle mance. Una grossa novità rispetto al passato che la Suprema Corte giustifica, legge alla mano, accogliendo un ricorso dell'Agenzia delle Entrate. Per i Giudici di piazza Cavour tutte le somme di denaro, anche quando non sono ricevute direttamente dal datore di lavoro, hanno origine dal rapporto subordinato e costituiscono un’entrata sulla cui percezione il dipendente può fare ragionevole, se non certo affidamento. Si cita l'articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi che prevede una nozione onnicomprensiva di reddito da lavoro dipendente, non più limitata al salario percepito dal datore di lavoro. Nella definizione rientrano dunque tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta collegate al rapporto di lavoro. Partendo da qui la Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate impegnata in una causa con il capo ricevimento di un lussuoso hotel della Costa Smeralda. Secondo il Fisco le generose mance dei turisti avevano portato nelle tasche del dipendente circa 84.000 euro in un solo anno. Denaro che l’Agenzia delle Entrate aveva catalogato come reddito da lavoro dipendente non dichiarato. L'uomo si era rivolto alla Commissione Tributaria Regionale che gli aveva dato ragione, sostenendo che le mance non sono tassabili, data la loro "natura aleatoria" e in quanto "percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro". Ora il caso tornerà alla Commissione Regionale che dovrà riesaminare la questione sulla base della linea dettata dalla Suprema Corte.