Un mostro si aggira per il globo, il debito pubblico, o come lo definisce il Censis, il grande debito. Una sorta di Molok cresciuto negli ultimi decenni a dismisura nelle economie più avanzate, in grado di divorare risorse che rischia di cambiare fisionomia agli Stati. Tra il 2001 e il 2024 i sette Paesi più industrializzati, fra i quali il nostro, hanno visto un aumento del debito in rapporto al PIL al 75 al 124%, di questo, passo nel 2030 si tornerà a livelli vicini a quelli eccezionali della pandemia di Covid. Insieme alla bassa crescita, al calo demografico e all'invecchiamento della popolazione, secondo l'ultimo rapporto del centro studi, i Paesi più ricchi ma indebitati, dovranno impiegare enormi quantità di denari per pagare gli interessi a chi compra i loro titoli pubblici necessari per finanziarsi sui mercati. I governi hanno così meno possibilità di abbassare le tasse, si sottolinea un'inevitabile riduzione di tutti quei servizi dalle pensioni alla sanità, passando per distruzione che chiamiamo welfare. Con meno assistenza, avverte il Censis, aumenta il rischio che le democrazie vacillino e quasi un italiano su tre sarebbe convinto che i regimi autocratici siano più adatti a gestire tensioni internazionali e sociali. Da quest'ultimo punto di vista l'Italia paga quella che è chiamata febbre del ceto medio, e cioè maggiori disuguaglianze e impoverimento dei lavoratori che, tenuto conto dell'infrazione hanno paghe più basse di quelle del 2007 e hanno perso potere d'acquisto. In questo quadro poi incide il calo dell'industria in quasi tutti i settori, soprattutto quelli tradizionali come meccanica, auto, tessile, mentre spicca il balzo, non proprio rassicurante, della produzione di armi.























