Sicurezza, assistenza, salute, sostegno sconomico, conciliazione con la vita familiare, istruzione. L'emergenza sanitaria ha spinto le aziende a impegnarsi di più su questi temi, in una parola: nel welfare, tanto che per la prima volta il numero di piccole e medie imprese che hanno attivato servizi per i loro impiegati e operai ha superato il 50% del totale. Un impegno cresciuto con l'epidemia, secondo l'ultimo rapporto Welfare Index PMI, promosso da Generali Italia, nonostante il forte impatto subito dalla nostra economia. Questo è stato un anno, direi molto duro per le aziende che hanno però saputo reagire, anche grazie al welfare aziendale. Il welfare si è dimostrato, proprio in quest'anno, come uno strumento chiave per rispondere all'emergenza, sia nei confronti dei propri dipendenti, quindi le aziende hanno fatto tantissimo per i propri dipendenti, sia nei confronti delle comunità a cui hanno contribuito con iniziative, con mezzi concreti per rispondere alla pandemia. In concreto le imprese non solo hanno sottoposto a tamponi e test sierologici i dipendenti, dando una mano al sistema sanitario, ma hanno anche promosso progetti di formazione a distanza e integrato il reddito dei lavoratori in cassa integrazione, con un risvolto interessante. Il welfare aziendale veramente fa bene all'economia delle imprese, ne migliora la produttività. Poi fa bene alla crescita occupazionale e infine gli imprenditori delle aziende con un welfare più robusto, dichiarano di essere estremamente soddisfatti della soddisfazione dei lavoratori. Emerge quindi che le aziende che fanno più welfare si arricchiscono di più e creano più posti di lavoro con tassi rispettivamente tripli e doppi rispetto alla media. Un incentivo in più, oltre agli sgravi fiscali esistenti, per promuovere questo tipo di servizi.