I tassi d'interesse stanno per salire. Ormai i banchieri centrali che li governano lo hanno detto letteralmente in ogni lingua. Il 2022 dovrebbe essere l'anno giusto, con un impatto globale dai debiti pubblici fino alle nostre tasche. In sostanza possiamo immaginare i tassi di interesse come il costo del denaro più sono elevati più costa prenderlo a prestito. Per questo nelle crisi economiche vengono quasi azzerati, per agevolare il credito e la ripresa. Ora che invece abbiamo superato il picco del rimbalzo economico post lockdown e che il mondo sta affrontando una grave carenza di materie prime ed energia, le banche centrali sono costrette a raffreddare l'economia globale prima che sopraggiunga la febbre, cioè l'inflazione. Ovverosia la crescita dei prezzi già vista concretamente nei rincari delle bollette che in Eurozona ha raggiunto il 3,4%, negli USA addirittura il 5,4. Con l'aumentare dei tassi diventerà dunque più costoso, per esempio, ottenere un mutuo per acquistare una casa. Mentre, d'altra parte, i risparmiatori potrebbero tornare a guadagnare degli investimenti meno rischiosi i cui rendimenti sono adesso prossime allo zero o perfino inferiori. Anche per gli Stati cambierebbero le carte in tavola, come ha avvertito il Ministro dell'Economia Daniele Franco, secondo il quale l'aumento dei tassi: "Inevitabilmente avverrà nei prossimi anni quindi e qui occorre tornare a riacquisire avanzi primari, come era il caso fino al 2019". Oggi l'Italia può infatti godere dell'ala protettiva della Banca Centrale Europea che ha sostanzialmente acquistato tutti i titoli di Stato venduti dall'Italia negli ultimi due anni di pandemia. Con la riduzione degli aiuti e l'aumento dei tassi dovremmo invece tornare a preoccuparci del debito pubblico e soprattutto di quanto ci costeranno gli interessi per ripagarlo, per cui l'anno scorso abbiamo speso 20 miliardi in meno del 2014. Perché ricordiamo che i pasti gratis in economia non esistono. Il 2022, con l'aumento dei tassi, sarà lì a ricordarcelo.