Fine di un'era e ritorno al controllo pubblico con ricerca di nuovi partner privati. Il destino di Acciaierie d'Italia ex Ilva, col suo cuore a Taranto sembra essere questo l'ennesimo salvataggio del gruppo siderurgico più grande del Paese, è però costellato da numerosi ostacoli dalle possibili battaglie in tribunale con l'attuale socio ArcelorMittal che il Governo reputa ormai fuori dai giochi, alla formula per decidere come lo Stato reggerà il timone e per quanto tempo, passando dal destino degli oltre 11000 dipendenti dell'azienda a cui è legata la sorte di altre migliaia di lavoratori dell'indotto. L'Esecutivo ha fissato un termine entro mercoledì bisogna trovare un accordo con la multinazionale franco indiana che dal 2017 gestisce gli impianti insieme alla controllata pubblica Invitalia per un divorzio senza strascichi legali. Il colosso dell'acciaio non vuole mettere altri soldi nel ex Ilva convinta che non sia strategica e di aver speso già abbastanza, e non vuole neanche diventare diventare il socio di minoranza se non avrà gli stessi poteri dello Stato. A queste condizioni Palazzo Chigi non ci sta e tenta di sciogliere il matrimonio cercando minimizzare l'impatto, tentando cioè di evitare di ridurre ancora di più la produzione quindi mettere altri operai in cassa integrazione con l'amministrazione straordinaria che inoltre congelerebbe i pagamenti ai creditori. Oltre 300 sono i milioni necessari nell'immediato per saldare i conti a cui aggiungere più di un miliardo per assicurare l'attività nei prossimi mesi. Un compromesso con ArcelorMittal eviterebbe di ingarbugliare ancora di più una vicenda che comunque sia porterà l'ex Ilva nelle mani pubbliche, una nazionalizzazione che il Governo vuole di breve durata ma anche in questo caso le incognite sono molte.