Non ci sono ancora certezze per il futuro dell'ex Ilva, ma la strada che si potrebbe imboccare, se con Mittal non si troverà a breve un accordo, è quella del commissariamento, un ritorno del Gruppo dell'acciaio sotto il controllo dello Stato attraverso l'amministrazione straordinaria, che di per sé è uno strumento temporaneo, ma che potrebbe durare parecchio tempo e richiederebbe una robusta iniezione di soldi pubblici. A prospettarlo è il Ministro per gli affari regionali Francesco Boccia che parla di un prestito ponte, una soluzione che somiglia a quella in cui si trova Alitalia. D'altra parte il colosso indiano non è proprietario della società siderurgica. Il contratto firmato col Governo poco più di un anno fa prevedeva, infatti, un periodo di affitto degli impianti, e il ritorno alla gestione commissariale, nel caso di una marcia indietro di Mittal, potrebbe diventare inevitabile. L'amministrazione straordinaria c'è già stata per Ilva dal 2013 al 2018, dopo che la famiglia Riva, gli ex proprietari, finirono sotto inchiesta. Adesso si tratterebbe di rimettere lo Stato nella stanza dei bottoni dell'impresa, salvando così i posti di lavoro e con l'obiettivo, ha aggiunto Boccia, di riportare entro uno o due anni la società sul mercato. Il Ministro ipotizza un coinvolgimento di aziende pubbliche, tra le quali Cassa Depositi e Prestiti, il braccio finanziario dello Stato, che, tra l'altro, amministra il risparmio postale. Coi 2 milioni di euro che perde ogni giorno l'ex Ilva, si tratterebbe di un onere non indifferente per l'erario e inoltre c'è il rischio che una nazionalizzazioni provochi una procedura di infrazione europea. Trovare un socio privato con la crisi che l'acciaio sta vivendo non appare peraltro semplice. La multinazionale Jindal ha già detto di non essere interessata a Taranto e agli altri stabilimenti, ma Il Sole 24Ore ipotizza un'altra via d'uscita che coinvolgerebbe i cinesi di Jingye, protagonisti del salvataggio di British Steel, acciaieria britannica finita in bancarotta. Il gruppo asiatico ha firmato un'intesa con Londra che prevede il mantenimento di gran parte degli occupati e 1,4 miliardi di euro in 10 anni di investimenti per rendere la fabbrica meno inquinante, ma il Governo britannico ha garantito 350 milioni di prestiti e sgravi. Ma anche ammesso che una soluzione del genere possa riguardare anche l'ex Ilva, probabilmente servirebbero quelle tutele giuridiche ad ampio raggio, il cosiddetto scudo legale per i gestori, che il Parlamento ha cancellato.