Colpo di scena nella vicenda delle imposte pagate, o forse sarebbe meglio dire eluse, dai giganti del web. Forse sull’onda della pressione internazionale per far versare le imposte alle grandi società della rete nei Paesi dove generano profitti o su quella delle multe inflitte a società come Apple, Facebook ha annunciato una vera e propria svolta. Aprirà uffici vendite nei diversi Paesi in cui opera e contabilizzerà i ricavi delle entrate pubblicitarie generate in quei Paesi, sui quali pagherà quanto dovuto al fisco locale. Si tratta di una rivoluzione se si pensa che, tanto per fare un esempio, l’anno scorso la società di Menlo Park ha versato all’erario italiano appena 267.000 euro, una cifra risibile se confrontata con il valore globale della società. Secondo l’Europarlamento, tra Google e Facebook, nel Vecchio Continente mancano quasi 5,5 miliardi di tasse all’appello per il triennio 2013-2015. Finora, infatti, i Tech Giant hanno dribblato le leggi dei singoli Stati piazzando la sede in Paesi dove le aliquote fiscali sono bassissime o quasi inesistenti. Nello specifico, a Dublino. In questo modo, gli utili prodotti in uno qualsiasi degli Stati dell’Unione Europea, dove vengono fatti figurare solo uffici amministrativi, sono dirottati in Irlanda e lì vengono pagate le tasse. Ai singoli Paesi dove sono generati i profitti rimangono solo le briciole. Ora le cose, almeno per quanto riguarda Facebook, potrebbero cambiare. Secondo la società, le novità sarebbero introdotte entro la metà del 2018 e dovrebbero essere pienamente implementate entro la prima metà del 2019. Chissà se la decisione di Menlo Park non farà da apripista anche per gli altri big di internet, anticipando le mosse dell’Unione Europea, che finora, sull’introduzione di una web tax, non è riuscita a trovare un accordo tra le sue diverse anime.