E' uno degli storici cavalli di battaglia del centrodestra sul Fisco e riemerge a ogni campagna elettorale. La Flat Tax, ovvero la tassa piatta cioè una percentuale fissa e uguale di prelievo a prescindere da quanto si guadagna, un po' come già accade in alcuni casi per le partite IVA o per la cedolare secca per gli affitti, per la quale si può versare il 21% qualsiasi canone si incassi. Se qualcosa di questo tipo venisse applicato in via generale, per esempio ai lavoratori dipendenti, sparirebbero i 4 livelli di imposizione esistenti. Il sistema attuale dei cosiddetti scaglioni fa sì che a conti fatti chi guadagna 15.000 € l'anno versi allo stato il 12% del proprio reddito. Chi ne guadagna 150 mila, invece, deve dare all'erario il 38%. La Flat Tax chiederebbe a entrambi la stessa percentuale. Chi ha redditi alti continuerebbe a pagare in cifra assoluta più di chi fatica ad arrivare a fine mese, ma verrebbe cancellato l'attuale meccanismo progressivo, tutelato dalla Costituzione, che chiede un maggior contributo percentuale a chi guadagna molto, nell'ottica di redistribuire la ricchezza. Il sistema fiscale si semplificherebbe ma servirebbero dei correttivi per evitare, per esempio, che chi oggi non paga tasse perché ha un reddito molto basso finisca per doverle versare. Se la percentuale uguale per tutti di tasse da pagare fosse bassa l'effetto finale comunque sarebbe un calo generalizzato delle imposte e di conseguenza la necessità di indicare coperture per parecchi miliardi nei conti pubblici. A questo scopo dovrebbero, per esempio, sparire molti dei bonus esistenti che ora attenuano il peso del Fisco. Chi sostiene la Flat Tax è convinto poi che si ridurrebbe l'evasione, nella speranza che se lo Stato chiede meno più gente paga. Insomma molto dipende come in concreto verrebbe attuata la Flat Tax e da quale percentuale si chieda. La tassa piatta attualmente non è adottata in nessuna delle maggiori economie mondiali e nell'Unione Europea esiste solo in una manciata di paesi dell'Est.