Ne spendiamo pochi, in ritardo e spesso dirottando e pasticciando tra diversi obbiettivi. No, non parliamo dei soldi del Recovery Fund, strumento straordinario legato alla pandemia, ma dei, tra virgolette, normali fondi di coesione europei, quelli che vengono programmati ogni sette anni per lo sviluppo sociale e la crescita delle regioni meno ricche, da noi quindi Sud e isole. Nel periodo 2014-2020 siamo risultati penultimi quanto a capacità di spesa dei fondi, col rischio di arrivare a perdere fino a un terzo degli oltre 44 miliardi messi a disposizione. Nel settennato in corso, 2021-2027, le cose non stanno andando meglio, perciò il Governo prova a intervenire con un decreto coesione per aumentare la nostra capacità di spesa, che soffre degli storici problemi della nostra macchina pubblica: lentezze delle burocrazie locali e cattivo coordinamento dal centro. Secondo indiscrezioni, il decreto punta a ricalcare alcune regole fissate per l'uso dei del PNRR, in primis una stretta sulle amministrazioni locali negligenti, con più poteri di coordinamento al dipartimento di Palazzo Chigi guidato dal Ministro per gli Affari Europei Fitto, fino alla possibilità di spostare i fondi a favore delle regioni più virtuose. Negli ultimi mesi il Governo ha chiuso singoli accordi di coesione di questo tenore con le 17 regioni, incontrando la resistenza di quelle meridionali più grandi, che gestiscono la gran parte delle risorse. Un braccio di ferro a cui il decreto potrebbe porre fine.