Nella pandemia, abbiamo riscoperto la pericolosità dei virus, anche quelli informatici. L'attacco hacker al Sistema Sanitario del Lazio, che ha messo KO la piattaforma di prenotazione dei vaccini, è stato descritto dal Governatore Zingaretti, come il più grave mai subito in Italia. Questo si vedrà nelle prossime settimane, ma di certo non è il primo. Gli attacchi "ransomware", ovvero le offensive cyber, che rendono inaccessibili i dati dei computer infettati e chiedono il pagamento di un riscatto per ripristinarli, sono sempre più diffusi. Nel caso del Lazio, a oggi, non è chiaro se sia stato richiesto un riscatto, ma il fatto che non sarebbero stati trafugati dati, rende possibile lo scenario dell'estorsione. L'esempio recente più eclatante, è stato l'attacco di maggio, che ha bloccato l'oleodotto Colonial Pipeline, negli Stati Uniti, principale fornitore di carburante per la East Coast. Non è nemmeno la prima volta, in cui la vittima, è un sistema sanitario. Nelle scorse settimane, ne era stato oggetto anche la sanità irlandese, per una richiesta di riscatto, di 20 milioni di dollari, che poi non è andata a buon fine. Con la crescente rilevanza della rete, i cyber-criminali, hanno fatto ottimi affari. Nel 2020, tentativi di "ransomware", sarebbero triplicati e avrebbero colpito aziende sempre più grandi e strutturate. Usiamo il condizionale, perché i dati si riferiscono solo ai casi di estorsione resi pubblici. Attacchi, sono avvenuti anche in Italia, secondo il rapporto Clusit, in due casi su tre, l'obiettivo è estorcere denaro. Dall'inizio della pandemia, le offensive hanno coinvolto realtà del calibro di: ENEL, Campari, Luxottica e Geox. E come ha dimostrato il caso del Lazio, anche le amministrazioni pubbliche, sono vulnerabili. Il Governo, nel PNRR, ha ammesso che il 95% dei server della P.A., non sono in condizioni di sicurezza e l'appalto per salvare i dati sensibili della Pubblica Amministrazione, anche quelli sanitari, in una struttura centralizzata, sarebbe in arrivo nei prossimi mesi.