Visti i super rincari energetici, nella prossima legge di bilancio rimarranno solo le briciole per finanziare le costosissime promesse elettorali dei partiti. Un primo passo dovrebbe arrivare sul regime forfettario per le partite IVA, che qualcuno definisce flat-tax. Sulla promessa di estendere la possibilità di pagare in tasse solo il 15% del fatturato, oggi valida fino ai 65 mila euro, il Sottosegretario all'economia Federico Freni, ha messo le mani avanti affermando che il Governo potrebbe in realtà fermarsi poco sotto, ad una soglia tra gli 85 e i 90 mila, meno cioè dei 100 mila promessi. Ma pur sempre più di quanto previsto oggi. Per comprendere quanto la coperta sia corta, si può stimare il costo del taglio fiscale. Si tratta di poco meno di un miliardo di euro all'anno. Un ammontare non così elevato per il bilancio pubblico ma che, evidentemente, il Governo, in queste condizioni, fatica a finanziare. Sulla proposta poi non si placano le polemiche, in particolare dopo la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def. I tecnici del Ministero dell'Economia, infatti, hanno misurato un aumento della propensione all'evasione da parte di piccoli imprenditori e professionisti nel 2019, quando fu introdotto, il regime agevolato e studiato gli effetti. Una misura, secondo i tecnici, che ha spinto gli autonomi ad aumentare i guadagni e dichiarare tutto il dovuto, grazie all'aliquota più bassa, ma anche per chi ha portato a casa un fatturato vicino alla soglia, a ridurre o occultare il proprio reddito, per non perdere il beneficio del regime agevolato. Il grafico allegato alla relazione mostra, in effetti, una gobba inusuale attorno ai 65 mila euro, composto da partite IVA che hanno fatto di tutto pur di fatturare meno. Chi, invece, ha guadagnato anche solo 1 euro in più, ha subito un raddoppio fiscale: dal 15% del regime agevolato, agli scaglioni IRPEF che arrivano fino al 43%, con il paradosso di lavorare in perdita.























