Chiudere la fabbrica che inquina o lasciarla aperta e salvare i posti di lavoro? Il vecchio dilemma si ripropone, dopo l'accelerazione data da Bruxelles, al programma sul contrasto ai cambiamenti climatici. Il passaggio a un Europa più verde e una maggiore tutela della salute, non può attendere ancora a lungo, ma l'accelerazione del nuovo Piano Comunitario, crea malumori all'estero e in Italia. Il Ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, per esempio, avverte: attenzione a non finire fuori strada. Aggiungendo, che da qui a un decennio, l'economia cambierà completamente. Nasceranno nuovi settori e altri, in base a questa sorta di eutanasia, decisa della politica, moriranno. Dal 2035, secondo le ipotesi, le auto nuove, dovranno essere a impatto "zero", in pratica, quindi, solo elettriche o a idrogeno. In tutto il continente, di veicoli di questo tipo, esclusi gli ibridi, ne circolano pochissimi: solo lo 0,2%. Le case automobilistiche chiedono più tempo e il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, dice che, con i nuovi limiti, è a rischio anche il Distretto Emiliano. Ferrari, Maserati, Lamborghini, per citare alcuni dei marchi più celebri, potranno mai adeguarsi? Le nuove regole in embrione, impongono standard non solo per i tubi di scappamento, ma anche per i cicli industriali, con un robusto taglio delle emissioni di anidride carbonica e un aumento dei costi, per chi la diffonde nell'aria, secondo il principio: chi più inquina, più paga. Con regole più severe, si teme, alcuni tipi di fabbriche, potrebbero essere traslocati in Paesi che hanno limiti più generosi e potrebbero aumentare i prezzi di certi beni, come le bollette. Gli aiuti anticrisi del Recovery Fund, danno la fetta più grossa all'ambiente e inoltre, l'Europa, ha previsto un fondo da 70 miliardi per questo passaggio a un'economia più verde. Difficile però dire adesso, se questi soldi basteranno.