La crisi tra Israele e Iran è anche una minaccia all'economia globale. Un'escalation del conflitto potrebbe avere ripercussioni sul mercato di petrolio e gas che in Medio Oriente ha uno dei suoi fulcri mondiali di produzione. Rialzi dei prezzi potrebbero sentirsi anche dalle nostre parti, soprattutto nel caso di sabotaggi o attacchi agli impianti e alle vie del commercio. Teheran produce il 3% del greggio mondiale e il 7% di gas. Le sue riserve di petrolio sono tra le più ricche ed è terza in classifica fra gli esportatori dell'OPEC, il cartello che riunisce molti dei maggiori fornitori e che, a seconda se apra o meno i rubinetti, influenza i prezzi. Nonostante le sanzioni americane ed europee, il paese degli ayatollah negli ultimi anni ha aumentato le vendite all'estero, aggirando le restrizioni e trovando nella Cina il suo principale acquirente. I mercati sono preoccupati che anche la sola minaccia a siti e stabilimenti iraniani, possa causare interruzioni nell'offerta e quindi un'impennata delle quotazioni. Si teme anche per un possibile blocco dello stretto di Hormuz, che separa la penisola arabica dall'Iran all'imbocco del Golfo Persico, da cui passano le navi che trasportano circa un quinto del consumo globale di idrocarburi. La maggior parte del carburante e del gas liquefatto che i Paesi dell'area vende all'estero. Uno snodo strategico e caldo, oggetto in passato di forti tensioni, guardato a vista dalla quinta flotta degli Stati Uniti e che Teheran potrebbe sbarrare per rappresaglia. E non finisce qui. Rischi anche per l'accesso al Mar Rosso, altra strada del mare battuta dalle porta-container che trasportano tonnellate di merci tra Asia e Europa, e che sono state bersaglio degli attacchi dei ribelli Houthi dello Yemen finanziati dall'Iran. .