Parlo con una macchina o una persona in carne e ossa? Le chat per risolvere on-line problemi quotidiani come il preventivo per l'assicurazione dell'auto o il malfunzionamento del telefonino spesso non svelano se abbiamo a che fare con un robot o un essere umano. Nel prossimo futuro, sarà chiaramente dichiarato quindi esplicito se a rispondere è un assistente virtuale, cioè un software, perché l'Europa ha scritto delle regole, si chiamano AI Act, per gestire l'intelligenza artificiale. È il primo codice al mondo di questo tipo ed è appena entrato in vigore e prevede un processo graduale per inserire una serie di paletti che si concluderà in un paio d'anni. Serve, innanzitutto, per limitare i rischi legati a questa tecnologia in grado di capacità simile a quelle umane dotate di una certa creatività e in qualche misura di imitare un vero e proprio ragionamento. L'esempio della chat è solo uno dei tanti: pensiamo al riconoscimento facciale. Saranno vietati sistemi che individuano le emozioni sul luogo di lavoro e nelle scuole; ci sarà una stretta per la raccolta di dati personali sensibili, religione, salute e orientamento sessuale, e per i meccanismi subliminali in grado di influenzare i comportamenti: pensiamo agli acquisti. Regole che avranno un impatto diretto su chi sviluppa l'intelligenza artificiale, piccole aziende e grandi multinazionali che saranno obbligate a ottenere certificazioni, una sorta di bollino come avviene in altri settori, con controlli da parte di un'autorità e sottoposte a multe se trasgrediscono. L'obiettivo, in sintesi, è quello, ha detto la Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen, di fare in modo che ci si possa fidare di una tecnologia che promette di cambiare la nostra economia, il modo in cui lavoriamo e, in definitiva, come viviamo.