Iran-Usa: l'effetto sull'Italia delle decisioni di Trump?

23 apr 2019
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Il diktat di Washington è chiaro. Tutti i Paesi compratori di petrolio dall'Iran dovranno smettere di farlo a partire dagli inizi di maggio, pena l'introduzione di sanzioni. Tra gli otto Paesi che finora potevano ancora importare greggio da Teheran c'era anche l'Italia, che però, stando ad alcune fonti del Dipartimento di Stato americano, con la Grecia e Taiwan ha ridotto drasticamente le importazioni di petrolio da oltre sei mesi, azzerandole praticamente da inizio anno. La stessa Eni spiega in una nota di non essere presente in Iran e non aver effettuato importazioni di greggio durante il periodo oggetto dell'esenzione. C'è però un effetto sul prezzo del greggio già cresciuto del 44 per cento da inizio anno e che si trova sui massimi da sei mesi proprio per il timore che il giro di vite americano riduca di molto l'offerta. Del resto l'Iran prima dell'embargo Usa era il quarto per importanza nell'organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, la cosiddetta Opec, con una produzione di oltre tre milioni di barili al giorno. La situazione è cambiata però e lo si vede dai dati di aprile sulle esportazioni iraniane, crollate sotto il milione di barili al giorno. Mentre Quotidiano Energia sottolinea come prosegua il ritocco al rialzo dei prezzi dei carburanti il timore è che, a cascata, il rialzo delle quotazioni del greggio abbia un impatto sui consumatori. In un Paese come l'Italia, dove l' 85 per cento dei trasporti commerciali avviene per strada un eventuale aumento dei prezzi di carburante ha un effetto valanga sulla spesa con, in primis, un aumento dei costi di trasporto e di produzione che incide su tutti i settori, anche quello agroalimentare. Un pasto, secondo Coldiretti, percorre in media quasi 2000 chilometri prima di giungere sulle tavole. Vale la pena ricordare che petrolio a parte la decisione di Trump si inserisce in un contesto che rende sempre più difficile operare nel Paese. Negli ultimi tre anni sono 30 i miliardi gli accordi siglati da aziende italiane e iraniane, dal gruppo Danieli a Ferrovie dello Stato, alle piccole e medie imprese che hanno visto nell'Iran un'opportunità. L’Italia era diventata il primo partner commerciale di Teheran in Europa e quanto ad esportazioni è seconda solo alla Germania. Ma ora tutto è bloccato. Le società italiane non vorranno certo correre il rischio di essere inserite in una lista nera americana a causa delle loro relazioni con l’Iran.

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