Aiuti all'economia, indietro tutta. Questo è il messaggio lanciato forte e chiaro della Banca Centrale Americana. Già da marzo, la Federal Reserve aveva smesso di stampare moneta e aumentato i tassi di interesse per ridurre il rincaro dei prezzi. Le classiche armi delle banche centrali per rallentare l'economia e così anche l'inflazione, rendendo più costoso prendere a prestito denaro. Con i nuovi annunci, il governatore Jerome Powell ha accelerato al rialzo i tassi di interesse come non accadeva dal 2000, e lanciato anche la riduzione del denaro in circolazione. Con il rischio concreto però di indebolire la crescita economica, anche se le scelte della Fed appaiono obbligate. Negli Stati Uniti, a salire non sono solo i prezzi ma anche i salari dei lavoratori, e questa non è una buona notizia come potrebbe sembrare. Il rischio, è infatti, di innescare la spirale prezzi salari sperimentata negli anni 70 e 80. In Europa, la musica è diversa; i prezzi crescono meno rapidamente e soprattutto in eurozona l'inflazione è guidata dal prezzo dell'energia. A differenza degli USA, dove è l'economia interna a surriscaldarsi. Ma questo non esonera la Banca Centrale Europea dalla lotta all'inflazione che sta rosicchiando risparmi e potere d'acquisto. Già azzerati gli aiuti introdotti per la pandemia, luglio potrebbe essere il mese giusto per rialzare i tassi, con effetti che si stanno già facendo sentire. A marzo, il costo medio per aprire un mutuo, è tornato ai livelli di fine 2019; e come sta diventando più costoso prendere a prestito denaro per una famiglia, lo stesso sta accadendo per gli Stati. In particolare, per i paesi molto indebitati come l'Italia.