Occupazione record e industria che continua ad andare male con segnali di crisi importanti come quella che attraversa il settore dell'auto. C'è da preoccuparsi? Partiamo dal lavoro. Il numero di italiani che hanno un posto è in crescita con un tasso alto da mesi come non si era mai visto e disoccupazione in calo. Rimaniamo sempre indietro rispetto al resto d'Europa soprattutto per donne e giovani ma i numeri sono buoni come in altri paesi del continente e a trainarli sono i contratti a tempo indeterminato. Allo stesso tempo l'industria continua a scivolare verso il basso con la produzione manifatturiera, lo zoccolo duro, che ci dice l'Istat, dal maggio del 2022 è in calo costante così come i ricavi delle aziende. Non tutti i comparti industriali arrancano. Alcuni hanno galoppato: le costruzioni, grazie al superbonus. Altri viaggiano a buon ritmo: l'energia. Peggio il tessile, l'abbigliamento e chi fabbrica auto, col crollo delle vendite di Stellantis che impensierisce anche la politica. Hanno risentito di più i settori sui quali gravano le tensioni internazionali, guerra in Ucraina e Medioriente, e la corsa dell'inflazione con la conseguente perdita del potere d'acquisto da parte dei lavoratori che hanno stretto la cinghia su alcuni consumi. I salari non hanno tenuto il passo dell'inflazione e probabilmente questa forbice tra paghe e prezzi ha favorito le assunzioni. Stipendi a buon mercato hanno reso conveniente reclutare più personale soprattutto nell'ambito dei servizi, dal commercio al turismo, nella fase della ripartenza dopo il crollo dovuto alla pandemia del Covid. Adesso però il ritmo dell'economia è blando, l'inflazione è tornata a quote più normali, l'industria non dà colpi di reni e anzi ci sono crisi come quella delle quattroruote all'orizzonte.