Una vera e propria bomba sociale è quella pronta a esplodere, denunciano i sindacati, quando finirà il blocco dei licenziamenti in vigore da oltre un anno. Il numero 1 della UIL, Bombardieri, ha detto che sono a rischio fino a due milioni posti di lavoro, aggiungendo che probabilmente il numero reale si situa tra la stima del sindacato e quella della Banca d'Italia che parla di circa mezzo milione di persone. Quest'ultimo numero sembra dedursi dal più recente bollettino di Palazzo Koch in materia di mercato del lavoro stilato in collaborazione con il Ministero guidato da Orlando. Secondo lo studio il blocco dei licenziamenti ha consentito finora di salvare quasi 380 mila occupati, posti che sarebbero andati normalmente persi in assenza del blocco e ha fatto sì che la media mensile dei licenziamenti complessivi si sia più che dimezzata scendendo da 45 mila a 20 mila. A questi si aggiungono 200 mila posti che potrebbero essere bruciati a causa della crisi causata dalla pandemia. Il rischio della perdita di centinaia di migliaia di occupati andrebbe ad aggiungersi a una situazione già gravemente compromessa dalla crisi economica. Basti pensare che da febbraio del 2020, ultimo mese prima che venisse dichiarata la pandemia, a oggi sono andati persi 900 mila posti di lavoro e questo nonostante il divieto di licenziare. A fare di più le spese della crisi sono stati gli occupati meno tutelati: chi aveva un contratto a termine, i lavoratori autonomi ma anche le donne e i giovani. La crisi del lavoro però ha riguardato anche chi ha mantenuto il posto. Da aprile 2020 sono stati autorizzati 5 miliardi di ore di Cassa Integrazione, contro i 130 milioni dello stesso periodo dell'anno precedente. Questo, per molti lavoratori, ha significato un'importante riduzione del reddito.